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Fantozzi!!! Una mostra pazzesca. Memorabilia, manifesti e video. “Un personaggio dentro di noi”

Bologna, 16 ottobre 2025 – Una mostra ’analogica’, per differenziarla dalle esposizioni immersive e multimediali che vanno per la maggiore. Fantozzi!!! Una mostra pazzesca, inaugurata al Grand Tour Italia, ripercorre infatti il cammino del ragionier Ugo Fantozzi, l’antieroe social-pop creato da Paolo Villaggio, attraverso memorabilia cartacea (più alcuni filmati) della collezione di Guido Andrea Pautasso, con la curatela di Luca Bochicchio: si parte dai libri – il primo fu pubblicato nel 1971 e da lì, quattro anni dopo, nacque il primo Fantozzi –, si passano in rassegna più di un centinaio di locandine e manifesti cinematografici d’epoca, fotobuste, riviste, brochure, fotografie, fumetti, dischi e audiocassette (solo esposti).

MOSTRA SU FANTOZZI AL GRAN TOUR ITALIA

Inoltre è incluso nel percorso la proiezione del film La corazzata Potëmkin di Sergej Ejzenštejn del 1925, pellicola da cui ha avuto origine una delle più famose scene del cinema, ovvero quella nel Secondo Tragico Fantozzi del 1976, diretto da Luciano Salce, in cui i dipendenti della megaditta sono obbligati a guardare una proiezione del film sovietico, che qui, parodisticamente, diventa La corazzata Kotiomkin. Fino al 29 marzo.

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È ricco di aneddoti il racconto di Guido Andrea Pautasso, figlio di Sergio Pautasso, direttore editoriale di Rizzoli, che fece il successo di Villaggio.

Signor Pautasso, dietro al successo di Villaggio-Fantozzi c’è la firma di suo padre Sergio, direttore editoriale visionario di Rizzoli. Come andò?

“Mio padre arriva in Rizzoli dopo l’esperienza all’Einaudi e gli affidano una cartellina coi racconti di Villaggio intitolata Fantozzi, pensando che fossero dei racconti scollegati. In verità, dalla lettura che fece mio padre, nacque un libro per il quale Villaggio seguì il suo consiglio, ovvero quello di organizzarlo in quattro tempi come le quattro stagioni… Ma non di Vivaldi, della pizza. Così mio padre disse ad Andrea Rizzoli. Da lì è nata la mia passione per Fantozzi e per Villaggio, una passione di famiglia, che porto avanti curando questa collezione che per la prima volta viene esposta così estesa”.

Un ricordo su Villaggio che suo padre le ha trasmesso?

“Villaggio voleva autografargli una copia del libro Fantozzi, uscito nel 1971. Mio padre lo fermò e gli disse che l’autografo l’avrebbe accettato quando sarebbero arrivati alla milionesima copia venduta e così è stato. Fantozzi, le sue battute, il suo mondo, sono diventati parte di tutti noi”.

Cosa significa fantozziano, termine che è sempre attuale?

“Un aggettivo che fa parte del dizionario della lingua italiana. Entra nella dimensione del nostro quotidiano, perché tutti noi, in fin dei conti, siamo un po’ Fantozzi, ovvero dei perdenti nati che non accettano le proprie sconfitte. Pensiamo che Fantozzi sia sempre l’altro e invece è dentro di noi. La dimensione del fantozziano è un approccio alla vita che io paragono a quella dei Beat, che si definivano beati, non battuti”.

Una carellata delle frasi di Fantozzi diventati modi di dire?

“Partiamo dall’aggettivo della mostra, ovvero ’pazzesco’, poi lo “spigato siberiano”, per descrivere il cappotto del ragionier Fantozzi e il suo modo di vestirsi, i mutandoni. C’è una parodia di approccio anche al corpo che è totale. E invece noi viviamo una dimensione dove l’esteriorità è mitizzata. Il bello di Fantozzi invece stava nelle piccole cose di cattivo gusto, la frittatona di cipolla, il rutto libero, vedere la partita della nazionale, una quotidianità dove la moglie che magari è brutta”.

MOSTRA SU FANTOZZI AL GRAN TOUR ITALIA I CURATORI

Cosa rappresenta nel mondo di Fantozzi e oggi come metafora, una Contessa Serbelloni Mazzanti vien dal Mare che troviamo nel ’Secondo Tragico Fantozzi’?

“Fa parte di quella dimensione, quel gradino sociale dove il perdente nato non riesce mai ad arrivare. È metafora di quella nobiltà a cui lui, da impiegato della megaditta, non riesce ad arrivare perché è un sottoposto e si deve riconoscere come inferiore. Oggi la Contessa potrebbere essere incarnata da una Santanché: perché sì, la Serbelloni ha un grado di nobiltà più alta, ma in realtà è ispirata a Marta Marzotto. Una figura paradossale e a questo proposito ho un ricordo divertente, fantozziano”.

Quale?

“Ero a Forte dei Marmi alla Capannina, seduto accanto a un erede dei principi Corsini che aveva con sé un alano altissimo, lasciato libero. Arriva il maître con un vassoio lunghissimo di tartine, l’alano lo punta e il maître comincia a correre, le tartine cadono tutte per terra e l’alano se le mangia. Il maître torna al tavolo e il principe gli chiede cosa abbia fatto al cane. Risposta: niente principe, gli davo solo soddisfazione”.

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